Per
quanto concerne la produzione di vetro piano, a partire dalla
fine degli anni Cinquanta è stato introdotto il processo float
(Pilkington) in sostituzione dei precedenti metodi di tiratura.
Il prodotto che si ottiene (float glass) ha sostituito il
cristallo ottenuto da molatura di vetro greggio tirato.
Nel processo denominato float glass, la pasta vitrea,
proveniente dal crogiolo alla temperatura di 1100 °C, assume
forma perfettamente piana in un forno a tunnel la cui base è
formata da un letto di 7cm di stagno fuso. Questo è posto in
atmosfera condizionata debolmente riducente, contenente azoto e
idrogeno, in modo da non essere ossidato. Lo stagno leviga la
superficie inferiore del vetro per diretto contatto, mentre la
parte superiore si appiattisce per gravità essendo ancora allo
stato semifuso. Nella produzione del vetro piano, il processo
float glass sta sostituendo le tradizionali tecniche di
laminatura e tiratura.
Lo spessore del nastro di vetro float è dato dalla velocità di
rotazione dei rulli, detti top, situati ai bordi della vasca. Un
rallentamento dei top determina una stesura del vetro liquido a
minore velocità e la formazione di un nastro di vetro di
maggiore consistenza. Si ha la situazione inversa se si verifica
un'accelerazione dei rulli ed un aumento della pressione delle
saracinesche poste all'inizio del bagno. Alla fine di
quest'ultima fase, il vetro ha raggiunto la temperatura di 600
°C ed è ormai allo stato solido: viene quindi sollevato e
posto in un tunnel di raffreddamento. Segue la fase di taglio
trasversale del vetro in lastre (in genere di 6m di lunghezza) e
un ulteriore taglio longitudinale per rimuovere le tracce dei
rulli.
Con il vetro float è divenuta superflua la fase di lucidatura,
generalmente effettuata con abrasivi sottili, quali ossido di
cerio o Fe, al fine di eliminare ogni distorsione ottica
superficiale, dovuta a un non perfetto parallelismo delle
lastre.